LIVING Osservatorio ART – Dati Mercato Italia 2° Trim 2022
VALUTAZIONI A CONSUNTIVO
Il secondo trimestre 2022 evidenzia l’accelerazione del trend già intravisto nel trimestre precedente: il mercato è fase di rallentamento, le molte aree di crisi aperte sul fronte economico, politico, sociale hanno interrotto il cammino virtuoso ed impedito il consolidamento della ripresa post pandemica. Le indicazioni fornite dalle aziende ART sono molto eloquenti poiché parlano di un mercato che non migliora per circa il 70% delle imprese: il secondo trimestre dell’anno è peggiore del medesimo periodo 2021 per il 37,5% dei rispondenti, mente il restante 63% si divide equamente tra chi segnala una sostanziale stabilità e chi, invece, ha continuato a crescere. Quando lo sguardo passa a considerare il trend dell’ultimo semestre, il dato è di fatto confermato: il 50% delle imprese segnala una contrazione del mercato, a fronte di un 19% di stazionari e di un 31% di aziende che continuano a crescere (ma erano il 60% solo tre mesi fa).
VALUTAZIONI PREVISIONALI
Le forti turbolenze che agitano i mercati mondiali, l’emergenza sanitaria che non vuole cessare, la guerra in Ucraina di cui non si vede la conclusione, le tensioni sui prezzi dei trasporti, dell’energia, delle materie prime che impattano sull’inflazione ed impoveriscono le famiglie erodendone la capacità di risparmio non permettono di formulare valutazioni previsionali positive circa la chiusura del corrente anno.
Il 2022 non crescerà rispetto al 2021 per circa il 70% delle imprese e gli ottimisti (che erano il 35% solo tre mesi fa) sono scesi al 31%.
Viene infine confermato il Sentiment negativo relativamente all’andamento del quadro economico generale nel breve periodo: oltre l’80% delle imprese ipotizza un trend in peggioramento (44%) o stabile (37,5%). Un irriducibile manipolo di ottimisti che sfiora il 19% intravede la possibilità di un trend migliorativo.
CONSIDERAZIONI GENERALI
Per quanto riguarda il PIL Italia, passiamo da un 2021 che ha chiuso a +4,7% ad una previsione 2022 che dimezza a +2,8% per scendere a +1,6% nel 2023.
I problemi veri emergono quando si parla di Inflazione: nel 2021 era ferma all’1,3% ma i dati di giugno pubblicati in questi giorni da ISTAT prefigurano uno scenario da 8% per il 2022 con l’auspicio che nel 2023 si riduca al 2,3%.
Il dato del 2022 è molto preoccupante: un incremento annuo così non si registrava infatti dal gennaio 1986, quando fu pari a +8,2%.
L’ufficio studi Confcommercio, in una nota diffusa a inizio luglio, commenta così:
In questo momento storico così delicato e con le persistenti tensioni che agitano i mercati delle materie prime, diventa sempre più complicato ipotizzare un rientro delle tensioni inflazionistiche nel breve periodo.
È sempre più concreta la possibilità di un’inflazione, nella media del 2022, superiore al 7% e di un rientro molto graduale nel 2023, con inevitabili pesanti effetti sul reddito disponibile e sul potere d’acquisto della ricchezza detenuta in forma liquida da parte delle famiglie, con conseguenti riverberi negati sui comportamenti di spesa.
In conclusione, secondo l’Ufficio Studi sarà molto probabile “che da settembre le famiglie saranno costrette a una selezione degli acquisti, con gravi effetti negativi sui consumi e di conseguenza anche sul Pil”.
Gli ultimi dati disponibili, a dispetto di un contesto a dir poco turbolento, lasciano comunque spazio anche a valutazioni tutto sommato ottimistiche tanto è vero che solo due settimane fa i nostri analisti osservavano che
“I consumi sono in crescita (+3,4% su maggio del 2021), sospinti dall’incremento della propensione al consumo dovuto alla fortissima voglia di ritorno alla normalità da parte delle famiglie dopo la pandemia e nonostante la guerra alle porte dell’Europa.
Ma, nel complesso, è una crescita eterogenea. In linea con quanto rilevato ormai da alcuni mesi anche a maggio 2022 la domanda si è orientata principalmente verso il recupero della componente relativa ai servizi (+18,3% nel confronto annuo) soprattutto quelli legati al turismo, che comincia a beneficiare anche del ritorno degli stranieri, e al tempo libero.
Per i beni (-1,4% su maggio 2021) la situazione appare più complessa con settori in piena crisi, come l’automotive, ed altri, come l’abbigliamento e le calzature e alcuni durevoli per la casa, in cui la ripresa è alterna e stentata.
Resta infine assai forte l’incognita legata alle dinamiche incontrollate dei costi energetici. L’energia ed il suo corollario rappresentato dalla transizione ecologica rappresenta veramente un tema cruciale, una sorta di spartiacque tra il mito della crescita sostenibile, la diversificazione delle fonti e l’urgenza indifferibile di produrre energia in tempi di crisi e di guerra.
Come ha osservato Confcommercio, «è una crescita senza sosta quella del prezzo dell’energia per le nostre imprese: tra gennaio e aprile 2022, infatti, il prezzo delle offerte elettriche è salito mediamente del 61%, mentre il prezzo delle offerte gas è aumentato del 21%. Allargando il confronto su base annua, tra aprile 2021 e aprile 2022, gli aumenti della spesa annuale di elettricità e gas sono ancora maggiori raggiungendo una “forchetta” che va da +110% a +140%».
Abbiamo però sempre l’abitudine di sapere e volere trovare elementi di speranza anche nei contesti meno favorevoli. Un auspicio verso la capacità di ripresa proviene anche dalle parole con cui il Presidente Confcommercio Sangalli ha chiuso l’Assemblea confederale di giugno:
L’Europa si è manifestata nelle sue migliori qualità: durante la pandemia e oggi nel contrasto al conflitto. Abbiamo valori, cultura, legami e risorse per risolvere i problemi della situazione attuale. Abbiamo valori per superare le incognite delle crisi multiple planetarie. Abbiamo valori per guardare con speranza e con fiducia al futuro e per sanare le devastazioni – materiali ed ideali – della guerra